Racconti

NO VASCO

MI ARRENDO!

L’altra sera verso le 20 ho chiamato un amico d’infanzia:

Vecchio, cosa devi fare stasera?”
“Dovrei andare a una cena con un collega che…”
“Mollalo! L’hai mai visto un concerto di Vasco!!”
“…no.”
“Ayò!!”
“Cioè ayò??”
“Ayò!! Fra 10 min in Via Sonnino!”

Ci incontriamo in Via Sonnino con l’eccitazione di quando non si programma niente e non si ha alcuna aspettativa. Attraversiamo il parcheggio del Comune di Cagliari semi deserto e da una finestra qualcuno ci chiama
“Pssss…. psssssss, scusa?”
“Si?”
“Me lo fai il favore? Lo spaventi il gatto?”
Dopo averlo guardato in silenzio per cercare di capire se mi stesse prendendo in giro, noto che in mezzo al parcheggio c’è un gatto che si sta lavando con la classica posa da ballerina classica. Il gatto mi guarda interrompendo la leccata la metà, poi guarda l’uomo alla finestra e torna di nuovo su di me, il tutto mantenendo sempre la zampa posteriore dietro la testa.
Io guardo il gatto, poi guardo nuovamente l’uomo alla finestra che insiste preoccupatissimo
“È in mezzo alla strada e se passa una macchina lo investe”
Lo ascolto, guardo il gatto, poi guardo il mio amico e di nuovo il gatto.
Avrei voluto dire a quel Signore che era un parcheggio e non la 554, che quel gatto se la sarebbe cavata e che spaventarlo mentre si pulisce sarebbe stato un po’ come la scena della doccia di Psycho, ma eravamo in ritardo e…
“sciò sciò… brrrruaaaa… passa viaaaa!!”
Il gatto ci ha guardato come per dire:
“Ma là custus maccusu!!” e si è allontanato lentamente e scuotendo la testa.
L’uomo alla finestra ci ha ringraziato come se fossimo usciti da una palazzina in fiamme con tre cuccioli a testa “Grazie mille, grazie davvero!”. Facciamo un cenno con la testa e ci allontaniamo al rallenty e in controluce come in Armageddon. All’entrata della Fiera incontriamo il grande Davide col suo splendido accento bolognese che ci porta in uno spazio tranquillo vicino alla regia, lì troviamo la mitica Yaya Dj e ci abbracciamo forte. Mi guardo intorno e vedo ogni tipo di essere umano. Dal bambino di 2 anni alla signora di 70, tutti con lo stesso entusiamo. Ho trovato un sacco di amici d’infanzia, ex compagni di scuola, di calcio, professoresse, sindaci… de tottu. Un ragazzo con l’accento emiliano ci si avvicina e ci dice “Sono 74!” “Chi?” “No no, sono 74 i concerti di Vasco. Questo è il settantaquattresimo che vedo!!” “…per noi è il primo” “IL PRIMO??!! Mo grandi, allora birra subito… bisogna festeggiare!!!”. Cin cin.
Prima dell’inizio guardo gli schermi che sembrano due palazzi della Rinascente messi al lato del palco e dico a Davide “Me li aspettavo più grandi!”. Ridiamo moltissimo, io emozionato, lui soddisfatto.
Inizia il concerto e sembra una raffica di maestrale settembrino, ho avuto l’impressione che tutti fossimo piegati in avanti per resistere all’onda d’urto. Pazzesco, una potenza indescrivibile. Gli arrangiamenti sono belli pesanti e anche se non conosco alcuni pezzi, mi gaso lo stesso. Una signora col telefonino va a fare una foto verso la regia e non capisco perchè, poi mi accorgo che c’è Francesco Renga lì in mezzo che si sta godendo lo spettacolo. Vasco Rossi boccendisì sul palco e la signora fa la foto a Renga setziu in cariredda. Guardo i primi 20 min a bocca aperta come un bambino, Yaya ride e mi da le dritte “Guarda là… stai attento adesso… questo il mio pezzo preferito”… una figata incredibile.
Pausa
Appena riprende il concerto mi rendo conto di conoscere le canzoni e le canto a squarciagola. Le conosco a memoria, parola per parola, ma non lo sapevo. Le ho imparate da ragazzino forse, senza dare troppo peso alle parole, ma basandomi più sulla musicalità. 
Inizia “Vivere” e io non so esattamente cosa stia succedendo, ma ogni singola parola mi attraversa e va a colpire proprio lì dove deve. La sua voce, l’intenzione… improvvisamente io e Vasco Rossi abbiamo qualcosa in comune, siamo diventati amici intimi nel tempo di una canzone. Ecco cosa diavolo è quella cosa di cui tutti mi parlano, quella connessione con quest’uomo che a quasi 70 anni sale sul palco e vi dovete spostare tutti.
Non sono mai stato un suo fan, ma in un attimo l’ho sentito amico.
C’ho messo due giorni per capire cosa fosse quella sensazione, lì per lì continuavo a ripetermi “non puoi piangere al concerto di Vasco Rossi, non puoi piangere al concerto di Vasco Rossi”… poi mi son girato verso il mio amico e mi sono accorto che anche lui aveva gli occhi lucidi e scuoteva la testa. Lo conosco da una vita e riesco a leggergli il pensiero “mai che piango al concerto di Vasco Rossi, mai che piango al concerto di Vasco Rossi”.
In quel momento capisco che tutti lì in mezzo provano la stessa sensazione, anche Vasco sa cosa si prova a “Vivere anche se sei morto dentro”… lui lo sa, e lo sanno anche quelli che intorno a me piangono liberamente.
È tutto qui, l’arte è tutta qui. Emozione pura. E lo so che ci sono quelli che Vasco è solo “eeeeeeh, eeeeeh”, ma non credo che abbiamo mai visto un suo concerto.
Torno a casa un po’ stordito e pensieroso. Mi addormento e lascio che i pensieri si trasformino in sogni. L’indomani mattina mi sveglio con una voglia matta di spettacolo, di sentire le risate del pubblico, di far star bene la gente, di tornare sul palco… forse proprio il palco dove ha cantato Vasco.
Sarebbe bellissimo!!
Ora sono a Belgrado per presentare “L’uomo che comprò la Luna” in un Festival, ma in testa ho solo un’immagine, il gatto che si allontana scuotendo la testa. Che figuraccia!

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